2018 – intervista rilasciata in Kenya

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01. Lei …

Preferirei che mi dessi del “tu” …

02. Dopo aver girato tanto, hai scelto di dedicarti ai Borana e ad una zona problematica come quella al confine tra Kenya ed Etiopia.

No, non intendevo fare il missionario ma sono rimasto travolto da quella prima esperienza da turista vissuta nel 1984 in quelle zone così isolate e abbandonate che era allora il nord Kenya. Infatti è stato Laisamis terra dei Samburo, a circa 300 km a sud del confine etiope, il posto dove poi ho vissuto per circa tre anni con mia moglie ed i miei due figli di 8 e 10 anni allora. Consegnammo un piccolo ma completo ospedale alla Diocesi di Marsabit; regolarmente riconosciuto dal Governo del Kenya. L’ospedale è ancora oggi operativo.

03. Ci racconti le prime impressioni ricavate incontrando queste popolazioni?

Incredulità. L’uomo era già andato sulla luna da 20 anni e quando lo raccontavo lì, ridevano credendo che scherzassi. In quel primo viaggio ho visto ragazzi fare capriole di gioia dopo avergli dato solo un po’ d’acqua; ma ho anche visto morire per disidratazione; di fame, di tetano … Ricordo un parto gemellare dove la prima nasce in una capanna a Maralall e la gemella nasce alcuni giorni dopo a più di 100 km di distanza a Wamba, dove l’avevano portata spinti dalla disperazione, con la speranza di un aiuto … che hanno trovato ed è sopravvissuta. Così sono sopravvissuti a Laisamis, senza incubatrice, anche neonati di meno di 900 grammi E’ stato come ritrovarsi in un film e toccare con mano l’indomita forza della vita. Poi anche le sconfitte, le disillusioni, …

04. Meglio non ricordare ?

Non lo so; il farlo rievoca episodi, storie dolorose ma anche gioie immense per le tante positive. Toglietemi la memoria e rifarei tutto, ma se mi lasciate la consapevolezza di quanto ha richiesto l’arrivare fino ad oggi, non so se avrei la forza ed il coraggio di ricominciare.

05. In questi anni di volontariato quanti obiettivi sono stati raggiunti?

Dopo Laisamis ci sono state le brevi esperienze in Guinea Bissau, Sud Sudan. Poi quella a Mogadiscio nel 2003-2004. Di quest’ultima e di ciò che ho visto e vissuto lì, non credo proprio sia il caso di parlarne. Desidero solo ricordare Suor Leonella Sgorbati con cui ho lavorato lì e che è stata uccisa lì. Tutti sanno cosa era in quegli anni la Somalia e cosa è ancora oggi. Penso che gli ultimi su questo mondo, le persone veramente ultime siano proprio quelle che vivono in situazioni simili, guerre incluse, dove il “volontariato-puro”, per “cause di forza maggiore”, è spesso impossibilitato ad aiutarli in modo significativamente risolutivo. Chi sta veramente dalla parte degli ultimi ? Chi non ha interessi a starci”.

06. Da quanti anni frequenti Sololo?

Dal 2000. Il Progetto-Sololo è l’ultima, in senso cronologico, tra l’esperienze di sostegno agli ultimi alla quale partecipo. L’area di Sololo è il luogo ove vive la popolazione Borana. Sono pastori nomadi. Si spostano con pendolarismo tra i pochissimi punti acqua ed i pochi pascoli. Le loro terre sono aride e semiaride; costituite in prevalenza da deserti; sono localizzate nel nord del Kenya sul confine etiope, non molto lontano da quello con la Somalia.Hanno una cultura tradizionale formidabile, al punto da far pensare che il vivere democratico sia nato proprio lì tra i Borana.

07. Raccontaci un po’ l’evoluzione del progetto di Sololo e i traguardi raggiunti tra mille difficoltà?

Il “Progetto-Sololo” è un progetto di CIPAD che è una ong (organizzazione non governativa) del Kenya, appositamente costituita per questo progetto nel 2004. E’ gestita esclusivamente da persone del posto. L’unico bianco che vi lavora sono io in qualità di consulente-consigliere e con l’incarico della raccolta fondi fuori dal terriorio nazionale del Kenya. CIPAD con il Progetto-Sololo intende prevenire il fenomeno dei “ragazzi di strada”. Fenomeno che nel 2004 era già presente da qualche anno sia a Marsabit che a Moyale, che sono le due città più vicine rispettivamente a sud e a nord. Ad oggi il fenomeno dei ragazzi di strada non è ancora presente a Sololo. CIPAD si fa carico dei bambini orfani, e/o particolarmente vulnerabili, garantendo loro: alloggio, vitto, vestiario, cure sanitarie e studio, che per i più meritevoli arriva fino alla laurea. Alcuni exstudenti sostenuti da CIPAD oggi sono laureati in medicina, in ingegneria, … sono in piena carriera … Uno di loro, nato nella savana più sperduta, è stato a Vienna in carriera amministrativa presso l’ambasciata del Kenya.

08. Esperienza positiva ?

Il “Progetto-Sololo” è un progetto che nel suo piccolo si dimostra estremamente positivo; realizzato in un contesto “ambientale e politico assurdo”. Contesto, persone e progetto, non sono facilmente identificabili nella loro essenza, dagli occhi del visitatore superficiale.

09. Qual’è oggi la situazione in quest’area geografica e della popolazione ?

Contesto. La recente infiltrazione di elementi terroristici somali non è che uno dei numerosi rischi che rendono insicura questa vasta area desertica e semidesertica. Area che da sempre è terreno di scontri tribali per la gestione dei pascoli e dei pochissimi punti acqua; i soli che possono garantirela sopravvivenza in questi luoghi. Siccità e carestia sono ricorrenti con intervalli che vanno sempre più riducendosi. I cambiamenti climatici sono oggi più che evidenti. Nei tre mesi delle ultime “grandi piogge” nell’area di Sololo ha piovuto solo 2 (due) giorni. Le raccolte di acqua sono ora agli sgoccioli e si spera che i “cambiamenti climatici” facciano sì che possa piovere fuori stagione in agosto, piuttosto che attendere le “piccole piogge” di ottobre. L’allarme è ora ufficialmente riconosciuto e sembra essere alla porta. L’atavico fenomeno del banditismo lungo la pista si è ridotto, ma certo non scomparso. La pista di 800 km, che collega Sololo a Nairobi, è stata completata con l’asfalto solo tre anni fà e ha reso le comunicazioni ed i rifornimenti più facili, favorendo così nuovi insediamenti. Per le nazioni subsaariane la strada da poco conclusa fa parte di un corridoio che, attraversando tutto il Kenya, porta all’oceano; al porto di Mombasa. La presenza del governo ha preso sempre più forma ed efficacia su questi territori; specie negli ultimi anni con l’insediamento di nuovi uffici e con la sempre più organizzata presenza territoriale. Popolazione.I commercianti che arrivano dal sud del paese vengono attratti in questa area che risulta in rapida evoluzione in quanto terra di confine con l’Etiopia. Quest’area, vista quasi come una “terra di conquista”, richiede nuovi servizi che vanno dagli alloggi al cibo; ai locali di svago a misura delle nuove etnie. Quelle delle persone che arrivano dal sud della nazione. Risulta così una repentina e poco controllata intrusione di estranei nel tradizionale modo di vivere dei nativi, rimasti fino a pochi anni fà isolati e dimenticati. Di fatto si rischia la loro emarginazione. che è alimentata anche dalla lievitazione dei prezzi che rende la povertà locale sempre più marcata e nascosta, in un mondo che, per la presenza dei nuovi commerci, “statisticamente” va sempre più migliorando e modernizzandosi. Basta osservare la diffusione dei telefonini; della birra ed anche l’arrivo della droga illegale. La cultura tradizionale borana dà all’individuo un valore sociale in funzione di ciò che ognuno vale. Questo genere di nuovo chiamato “progresso”, la “cultura disumanizzante dello scarto”, riconosce socialmente in funzione di ciò che l’individuo possiede. La nuova povertà è così in aumento e viene schiacciata; più difficile da vivere; sempre più nascosta.

10. Tutto questo a cosa può portare ?

Quale sarà l’esito finale di questo processo di transizione, è ancora tutto da vedere. Occorre fare i conti con i Borana; gente ben temprata dai secoli ed abituata a resistere e riuscire a vivere dove altri difficilmente riuscirebbero solo a sopravvivere. Gente ben intenzionata ad entrare in gioco nella nuova sfida. Il “Progetto-Sololo”, per esempio, è una loro contestazione agli egoismi quotidiani del “nuovo”; è una loro risposta che propone alternative di solidarietà, maturate alla luce della tradizione.

11. Il modello capitalista potrebbe avere con loro una rilettura maggiormente umanistica ?

La commissione dei diritti umani del Kenya aveva definito questa popolazione locale di etnia Borana “Il popolo dimenticato” dedicandogli un intero libro. Solo pochi anni fà il Borana che si recava al sud del paese diceva “vado in Kenya” intendendo dire che avrebbe oltrepassato Isiolo a 500 km da Sololo. Allora Isiolo era considerato il confine sud di queste aree desertiche e semidesertiche. I dati ufficiali di pochissimi anni fà documentano come il 70% di questa popolazione aveva un reddito procapite sotto alla soglia di povertà, internazionalmente riconosciuta in un dollaro. I nostri calcoli ci documentavano che per la gente di Sololo il “sotto ad un dollaro” equivaleva a 0,40 centesimi. Nonostante ciò loro vivevano; questo a riprova che il loro modello tradizionale non aveva bisogno di soldi per riuscire a mantenersi. Forse misurare il benessere con i soldi non è lo strumento giusto. La solidarietà del gruppo, ricevuta dal singolo solo se meritata, in certi contesti estremi come quello di Sololo, è vincente anche là dove il singolo soggiace.

12. Condizioni attuali del “Progetto-Sololo” ?

Funziona ed è vincente poiché nasce da loro, per rispondere ad un loro problema, con una soluzione trovata da loro. Occorreva prevenire il fenomeno dei “ragazzi di strada”, dato l’incremento esponenziale degli OVC AIDS correlati. Ripeto: ad oggi a Sololo non esiste ancora questo tristissimo fenomeno. Altrove dove è presente, risulta gestibile ma ritengo non sia più eradicabile.

13. Qual’è il segreto del successo ?

L’aver costituito una loro ONG kenyana che li rende beneficiari e allo stesso tempo i gestori delle scelte. Loro selezionano le priorità, dei bisogni e delle risposte da dare, alla luce dei loro criteritradizionali di sempre; quelli dettati dalla solidarietà di sopravvivenza in aree particolarmente dure come le loro. Si può affermare con certezza che il progetto assiste gli “ultimi degli ultimi” e lo fa tramite gli stessi “ultimi”.

14. Quanti sono i beneficiari, quanta gente si rivolge a voi?

Il numero delle persone assistite è più o meno stabile ed è condizionato dalle nostre disponibilità economiche. Tuttavia i beneficiari non sono sempre le stesse persone. Quando questi raggiungono un minimo di autonomia per la sopravvivenza, il progetto gradualmente li lascia. Ad oggi hanno lasciato il progetto 38 famiglie per un totale di circa 250 minori. Se si dovesse rendere necessario, si è sempre pronti a riprenderli. Sono 92 le famiglie attualmente assistite, per un totale di circa 253 minori sostenuti da CIPAD. E’ di circa 1.000 il numero delle persone, minori inclusi, complessivamente beneficiarie totalmente o parzialmente del progetto attraverso: borse di studio, assistenza sociale; cibo, alloggio, sanità. Per esempio sono tutti assicurati, tramite CIPAD che ne sostiene i costi i costi, alla cassa mutua nazionale. In questo modo tutti usufruiscono gratuitamente dell’assistenza sanitaria presso i dispensari del governo e presso l’ospedale della zona convenzionato

15. Quante persone lavorano con te?

Sono circa una quindicina gli operatori ai quali vengono pagati salari a norma di legge e con i quali ognuno di loro, secondo la logica della solidarietà di gruppo, sostiene numerose altre persone, Alcuni degli operatorisono anche membri responsabili del “Comitato di gestione”, organo consultivo, costituito da tutti i rappresentanti della società locale: autorità governative e religiose; anziani dei villaggi e associazioni donne e giovani. Mentre nel “Gruppo di gestione” sono solo in tre le persone a deliberare le decisioni ultime a maggioranza segreta. Queste vengono divulgate senza che si conosca chi dei tre ha determinato la maggioranza per quella particolare decisione. Questo sistema si è mostrato valido per decidere in libertà e senza generare rancori verso le singole persone.

16. Quanto è il costo economico per tutto questo ?

Tutta la contabilità rispetta la normativa di legge e le attività svolte trovano regolare registrazione in appositi database, tenuti in copie aggiornate sia sul posto che in Italia, messi a disposizione degli operatori e dei donatori. Attualmente è impensabile, visto il genere di beneficiario e di contesto, poter strutturare in loco fonti di sostentamento che garantiscano l’autosufficienza economica completa del “Progetto-Sololo”. Di conseguenza, il progetto è destinato a spegnersi in mancanza di un adeguato sostentamento economico, seppur oggettivamente minimo. Attualmente la nostra raccolta fondi si ferma ai due terzi di quanto sarebbe necessario. Le nostre riserve ci consentono oggi di raggiungere più o meno la fine di questo anno poi, salvo imprevisti aiuti economici, andremo a ridurre gli interventi del progetto. Il costo totale del progetto, escludendo le costruzioni e le spese extra legate alla carestia, si aggira in media intorno ai 160 euro a persona all’anno.

17. Solo 160 euro anno a persona ?

Sì, solo 160 euro all’anno a persona! La cifra, modesta di per sé, invita a riflettere su tante cose… Comunque è difficile da mettere insieme con il solo sostegno di amici e benefattori privati. Anche pochi, pochissimi euro, fanno la differenza per qualcuno. Il mondo delle singole persone non cambia in meglio con gli slogan o con le violenze, anche se solo verbali e magari dettate da pregiudizi, bensì cambia con i fatti e questi fatti il più delle volte sono piccolissimi ed apparentemente insignificanti, come la donazione di pochi euro a CIPAD, lontana e sconosciuta ong africana.

18. Vi arrivano aiuti sufficienti a mandare avanti quanto avete realizzato?

Le spese per le necessità del “Progetto-Sololo” sono ovviamente tante; tuttavia è la “routine giornaliera” quella che ci desta maggiori apprensioni. Sono le “spese per vivere”: cibo, vestiario, sanità, stipendi degli operatori locali, manutenzioni ordinarie … Sono indispensabili e necessariamente ripetitive. Vanno coperte tutti i giorni e necessitano di programmazione. Poi ci sono le “spese per crescere” che di regola vengono fatte una sola volta: asini, ristrutturazione e costruzione di capanne, irrigazioni a goccia domestiche, orti domestici, ecc. …. Per queste c’è sempre un margine di tempo per raggiungere la cifra necessaria. Pochissimi donatori sono disposti a finanziarci le “spese per vivere”; mentre piano piano riusciamo a trovare quasi sempre i sostenitori per le “spese per crescere”. Le scelte e la volontà dei nostri sostenitori è considerata da noi come sacra; inviolabile e la rispettiamo sempre ad ogni costo. Questo porta al paradosso che potremmo avere finanziate le “attività di crescita” e non poterle più realizzare per la morte del progetto-sololo privo della copertura delle sue “spese per vivere”. Al momento è circa un terzo il potenziale economico scoperto.

19. Cosa suggerisci ?

Considerando che senza vita non si può crescere, chiediamo di aiutare il “Progetto-Sololo” donando sia per superare l’imminente emergenza e conseguente carestia, che per la routine delle “spese per vivere”; per es. facendo aumentare il numero dei sostegni a distanza dei minori. Ad oggi, non tutti i nostri minori hanno trovato un sostenitore.

20. Qual è oggi il vostro bisogno prioritario ?

Poter fare programmazione. Per fare questo con sufficiente precisione, è indispensabile avere la conoscenza della disponibilità economica nel medio tempo. Vi invito a riflettere sull’importanza di un sostegno continuativo come quello rappresentato dai SaD (Sostegni a Distanza – siano essi finalizzati a mantenere un minore o uno studente o le spese indispensabili alla vita del Progetto-Sololo) Qualsiasi programmazione (es. quanti minori è possibile accogliere e sostenere), può essere fatta solo se si ha almeno un dato orientativo sull’entità di quanto economicamente si può disporre nel presente, ma ancor più di quanto si potrà disporre per il futuro. Questo dato può arrivare solamente dalle donazioni periodicamente ripetute, anche piccole, come quelle che riceviamo con i sostegni a distanza.

21. Donne, bambini, anziani, le persone più deboli come vivono in quelle difficili condizioni?

Più che vivere sarebbe corretto dire che sopravvivono con la pastorizia e periodicamente perdono tutto per via delle siccità ricorrenti e delle conseguenti carestie. Se ci fosse acqua in modo permanente tutto diverrebbe più giusto e ci sarebbe più pace. L’ultimo ennesimo pozzo lo abbiamo provato a scavare solo tre mesi fà … ed è risultato secco.

22. Sappiamo dagli appelli delle nazioni unite e delle grandi organizzazioni del disastro che incombe in questo momento.

Noi facciamo parte del corno d’africa e la stampa internazionale sta diffondendo a livello mondiale l’attuale situazione, mentre le grandi organizzazioni attivano campagne imponenti per la raccolta fondi. Noi non riceviamo aiuti da loro; CIPAD è una organizzazione troppo piccola e non è considerata da loro. Mentre purtroppo anche CIPAD subisce i loro “effetti collaterali”.

23. Effetti collaterali ?

Quando le grandi organizzazioni umanitarie mancano di trasparenza e provocano discredito, questo ricade anche sulle piccole e piccolissime organizzazioni come la nostra. Quando i grandi esagerano con la loro informazione-propaganda, ci offuscano. Possono involontariamente anche arrivare a spegnerci quando ci privano dei finanziamenti con le loro potenti campagne che si rivolgono perfino ai piccoli donatori che sono gli unici ai quali noi piccoli possiamo ancora appellarci. Noi vi diciamo: ok, ascoltate ed aiutate anche le grandi organizzazioni ma senza dimenticare però che ci siamo anche noi piccolissime organizzazioni alle quali non serve molto. Senza quel poco però sparirebbe anche il pochissimo che fa la differenza per la vita di tanti ultimi tra gli ultimi.

24. I vostri rapporti con le autorità governative ?

Eccellenti. Abbiamo una grande stima reciproca e siamo orgogliosi dell’attiva collaborazione che c’è con gli attuali organismi di governo locale. Abbiamo ricevuto sempre apprezzamenti positivi da tutte le autorità che sono venute in visita. Da loro riceviamo sostegno in cibo ed in opere varie. Ultimamente ci hanno donato e realizzato circa un Km di recinzione. In particolare va segnalata l’opera continua di collaborazione, altamente professionale in ogni circostanza, che riceviamo dall’ufficiale governativo per la tutela dei minori.

25. Raccontaci una tua giornata tipo

Mi dispiace, non ho una giornata tipo. Si parte al mattino con una programmazione e al consuntivo della sera ci si accorge di aver concretizzato appena il 20 %. Tutto il resto, il più delle volte, è stato sostituito dal rispondere alle emergenze impreviste.

26. Nel mondo mediatico e “sociale” tu rimani un operatore sul campo, un uomo di tanti fatti e poche parole o visibilità. Una scelta che paga oggigiorno?

Se si riferisce ad un “appagamento” personale, direi proprio di si poiché questo mio vivere esprime il mio tentativo di coerenza tra ciò che penso e ciò che faccio. Questo a prescindere da quanto riesco ad essere coerente sul campo e tantomeno può dipendere dal risultato del mio agire. Questo tentativo ha un valore personale, a prescindere dal giudizio degli altri. Se questo fare poi è di moda o meno, non può interessarmi più di tanto.

27. Senti attorno a te solidarietà?

Si, da parte di quella della gente che ancora vive rifiutando la superficialità e ragionando con la propria testa sulle proprie scelte. Tra queste persone c’è sicuramente chi condivide e chi no il mio agire; tuttavia tutti, se comprendono, accettano un confronto costruttivo. Il “diverso” fa paura proprio perché è sconosciuto. Ma è il buon senso che spiega come solo nel confronto con gli altri e nello scambio delle conoscenze c’è la possibilità per ognuno d’imparare qualcosa di diverso e quindi di poter scegliere e crescere. In alternativa a questo, si rimane condannati a restare ciò che si è; poco o tanto che si sia. Non è auspicabile essere tutti uguali. Il razzismo sicuramente finirà quando saremo tutti mulatti. Ma non sarà proprio una bella cosa. Tutti uguali, neppure avremmo la speranza di poter cambiare. “Il diverso” ci è indispensabile per crescere.

28. Cosa si sente di dire ai giovani che si approcciano oggi al mondo della solidarietà, particolarmente in Kenya (o in Africa).

“Pensa globale ed agisci nel particolare”. Ossia cerca di comprendere il contesto dove ti trovi e agisci nel tuo quotidiano con coerenza a ciò che il confronto ti fa ritenere giusto. Vivrai così in una costante ricerca della Verità che ti manterrà inserito nel mondo senza essere schiavo del mondo. Per me il confronto con Cristo e con la Sua Proposta, fatta all’Umanità intera come uno stile di Vita improntato sull’Amore Assoluto, mi ha chiarito la personale via per una mia possibile storia autenticamente rivoluzionaria. Storia che ho tentato e tento ancora oggi di vivere in coerenza. In altre parole, invito ognuno a vivere il proprio quotidiano scrivendo la propria storia nell’agire in coerenza a ciò che ritiene giusto secondo la propria coscienza preparata con il costante confronto direto ed indiretto con tutti e con ogni cosa. Rifiutando sempre il galleggiare in superfice; il vegetare nel lasciarsi trasportare dall’onda della moda del momento. Essere sempre se stessi; confrontandosi; donandosi e aprendosi sinceramente ed onestamente, restando pronti a ricevere ciò che appare giusto tra tutto ciò che ci viene proposto. Il resto viene da sé.

29. Quindi cosa è per te il “Progetto-Sololo” ?

“Da ex “sessantottino figlio dei fiori” che invita ancora oggi a mettere i fiori nei vostri cannoni e ad amare piuttosto che fare la guerra, ritengo che la migliore contestazione è quella di avere e sostenere una proposta alternativa a ciò che si contesta. Ho abbracciato il Progetto Sololo perché in questo vedo la mia ennesima “contestazione-proposta alternativa” agli egoismi che sperimento nel vivere di ogni giorno. Ciò che l’egoismo fa desiderare e sembrare possibile da ottenere subito, anche con mezzi illeciti, ha una durata effimera. Le stesse cose si possono ottenere mediante l’altruismo che, portato avanti con pazienza in tempi più o meno lunghi, darà di sicuro risultati permanenti. La parola chiave è: Amare.